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Tappi, bottiglie (e lattine) per il vino, come scegliere?

La forma e i particolari costruttivi di ogni bottiglia e di ogni tappo da vino rispondono a precise esigenze di conservazione del prodotto e sono il frutto di secoli di esperienza e del lavoro di generazioni di produttori ed enologi.

Perché le bottiglie di vino hanno colori diversi? Perché si usano i tappi da sughero? E qual è il miglior tappo per il vino? 

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza su questo tema, approfondendo le alternative al sughero e al vetro presenti sul mercato, più sostenibili ma difficili da accogliere in un settore ancora molto ancorato a tradizioni e consuetudini, per lo meno in Italia.

Ad ogni vino la sua bottiglia! 

Nell’antichità il vino veniva conservato e trasportato prima in anfore di terracotta, poi in botti di legno, più resistenti. Le prime bottiglie per il vino in vetro soffiato risalgono all’inizio del 1700 in Francia, mentre la produzione “industriale” delle bottiglie inizierà solo nel secolo successivo.

Ad oggi, ogni vino ha la sua bottiglia tipica che si distingue per dimensioni, spessore del vetro, forma e colore.

In linea generale, sappiamo che le bottiglie di colore chiaro sono riservate a vini che non richiedono invecchiamento, mentre quelle scure ai vini da lungo invecchiamento.

Andando più nello specifico:

– le bottiglie trasparenti garantiscono una minore protezione alla luce solare, per questo sono utilizzate per conservare vini bianchi da bere giovani, freschi e che non necessitano di un periodo di affinamento o invecchiamento.

 – Le bottiglie verdi, in tutte le sue diverse tonalità e sfumature, sono utilizzate per conservare vini bianchi che richiedono un periodo di affinamento e tutti quei rossi che maturano, più o meno brevemente, in bottiglia, in quanto la bottiglia scura preserva il vino dalla radiazione solare.

– Le bottiglie marroni o nere sono quelle che garantiscono assoluta protezione dalla luce solare e quindi sono utilizzate per vini rossi che richiedono un lungo invecchiamento.

E per quanto riguarda i materiali?

L’aumento dei prezzi dei materiali per gli imballaggi e la scarsità di bottiglie di vetro hanno un impatto rilevante sul settore del vino. Negli ultimi anni sono state fatte molte riflessioni sulla opportunità di creare alternative alle bottiglie in vetro.

Una delle soluzioni di imballaggio alternative è la bottiglia inventata da Frugalpac realizzata con il 94% di cartone riciclato. È cinque volte più leggera del vetro ed ha un’impronta di carbonio sei volte inferiore.

Ma quanto è probabile che i consumatori abbandonino l’idea radicata che il vino di qualità si trova nelle bottiglie in vetro e scelgano un imballaggio di cartone?

Modificare la percezione che ha il mercato di un vino in brik dai costi contenuti è sicuramente un’impresa ardua; ne sa qualcosa Tavernello, da sempre “il vino buono per cucinare e basta”, che negli ultimi anni ha colto un’opportunità di mercato realizzando un rebranding indirizzato ai bevitori di domani.

Grazie a uno storytelling ironico, che si fa forte delle critiche che gli vengono più comunemente rivolte e che umanizza il prodotto entrando in empatia con i consumatori, Tavernello ha creato un fenomeno pop che ha fatto breccia nel cuore di  millennials e generazione Z.   

Il vino in lattina

Il famoso enologo Eric Asimov ha recentemente scritto un articolo sul New York Times riguardo alle nuove abitudini di consumo del vino. Alcune delle ragioni che rendono il vino poco appetibile agli occhi dei più giovani sono da ricercare nei costi sempre più alti delle bottiglie e nelle iniziative di marketing delle aziende rivolte principalmente a un target over 50. 

Ma nonostante questo “disamore” nei confronti del vino, si stanno consolidando nuovi trend in grado di rianimare un mondo tradizionale e aprire un dialogo verso modalità di acquisto e fruizione contemporanee per target giovani.

Uno di questi trend è sicuramente la lattina, già presente in realtà dagli anni Ottanta, ma tornata in voga solo negli ultimi tempi.

La Repubblica scrive “I puristi inorridiscono, ma le etichette in lattina stanno conquistando il mondo, soprattutto il pubblico più giovane: Nord Europa e Usa sono in cima alla lista, e anche l’Italia inizia ad apprezzare i nuovi prodotti pratici e divertenti

I vantaggi delle lattine sono evidenti: sono più leggere, quindi hanno un minor impatto in termini di trasporti e sono facilmente riciclabili, a differenza del vetro usato per i vini.

Infatti, la produzione del vetro stesso richiede un enorme costo energetico, senza contare che per ricreare le bottiglie dello stesso colore è necessario usare vetri dello stesso tipo, cosa impossibile visto che nel nostro tipo di raccolta differenziata i vetri vengono mischiati insieme.

Eco, pop e di tendenza, il mercato del canned wine – vino in lattina – potrebbe essere un’ottima scelta per il nostro pianeta, ma dobbiamo tenere conto delle resistenze di coloro che vedono vino e lattina come elementi incompatibili fra loro.

Le aziende che producono le lattine per il vino stanno lavorando molto per migliorare il processo tecnologico concentrandosi sull’aumento della stabilità del vino e la sua durata. 

Il pensiero di bere il vino in una lattina come se fosse una birra non fa parte del DNA degli Italiani, popolo che attraverso il vino ha creato la sua identità. Non è però da escludere che la consapevolezza e il coinvolgimento verso la protezione dell’ambiente delle nuove generazioni portino a una svolta inaspettata nel mercato del vino.

Ad ogni bottiglia il suo tappo!

Ci dicono molte cose di una bottiglia: se si tratta di un vino da invecchiamento o meno, se è un prodotto di qualità e soprattutto se la bottiglia “sa di tappo”. 

I tappi hanno sempre avuto la funzione di isolare il vino dall’ambiente esterno, per mantenerlo conservabile il più a lungo possibile al riparo da qualsiasi variazione atmosferica e climatica. 

Si distinguono in tappi da vino fermo e tappi da spumante

I primi devono assicurare la tenuta ermetica della bottiglia, con una durabilità diversa a seconda della tipologia di vino, i secondi devono anche garantire la tenuta alla sovrapressione cui sono sottoposti.

La leggenda narra che fu il monaco Dom Pierre Pérignon, tesoriere della Badia Hautvillers, ad utilizzare per primo il tappo da sughero per sigillare le sue preziose bottiglie di champagne Dom Pérignon. In realtà il sughero era un materiale molto amato e utilizzato sin dai tempi degli antichi greci, epoca a cui risalgono i primi ritrovamenti di tappi per botti realizzati proprio con il sughero.

Ad oggi si tratta del tappo più comune e utilizzato, almeno in Italia, nonostante esistano delle alternative.

I tappi di sughero

I tappi di sughero sono ricavati da un particolare tipo di quercia, la Quercus Suber, che cresce nel bacino del Mediterraneo, in particolare in Sardegna, in Francia, in Spagna, in Tunisia, in Marocco, in Algeria e in Portogallo.

Il sughero ha molte caratteristiche che lo hanno reso negli anni il materiale d’eccellenza per la conservazione dei vini. Ha qualità elastiche (se sottoposto a forti compressioni il sughero è capace di riprendere la sua forma originale), è impermeabile, e grazie a una microporosità consente un’altrettanta micro ossigenazione del vino.

Il sughero è indicato, quindi, per tutti quei vini bianchi o rossi che sono pensati per essere invecchiati e che non solo riescono a resistere svariati anni in bottiglia, ma riescono addirittura a migliorarsi nel tempo.

La tradizione vuole, dunque, che il tappo di qualità sia di sughero, nonostante i rischi e le problematiche causate dall’eventualità del cosiddetto “sentore da tappo”. Il sughero può infatti essere intaccato da parassiti fungini che liberano una sostanza, il tricloroanisolo (TCA), responsabile del fastidioso odore. 

Esistono delle alternative, considerate da molti indice di prodotto di scarsa qualità, ma che in realtà presentano dei vantaggi.

I tappi sintetici

I primi prototipi di tappi sintetici sono nati nel 1978 in Francia, ma sono comparsi sul mercato solo alla fine degli anni Ottanta con risultati poco incoraggianti.

I tappi sintetici garantiscono un elevato livello di sterilizzazione, non si sgretolano e non subiscono gli attacchi di muffe.

Inoltre i tappi sintetici riescono a preservare nel tempo le caratteristiche organolettiche del vino, essendo impermeabili all’ossigeno, il che permette di inserire una minore quantità di anidride solforosa nel vino, visto che non c’è dispersione nel tempo.

Lo svantaggio del tappo sintetico è che, non essendo poroso, non lascia entrare l’ossigeno e quindi, mancando lo scambio di aria attraverso il sughero, il vino rimarrà inalterato nel tempo senza invecchiare.  

Il tappo sintetico non può essere utilizzato per l’affinamento in bottiglia, ma è perfetto per i vini pensati per essere bevuti da giovani e che non necessitano di evoluzione. 

Il tappo Nomacorc Ocean

Una menzione speciale la merita Damarino 2022 dell’azienda siciliana Donnafugata,  il primo vino al mondo  ad utilizzare il tappo Nomacorc Ocean, prodotto riciclando plastica raccolta nelle zone costiere, e destinata a finire negli oceani.

Con questa iniziativa, Donnafugata ha contribuito al riciclo di 1,15 tonnellate di Ocean Bound Plastic, ossia scarti di plastica recuperati dove i sistemi di raccolta sono inesistenti, o carenti, e dove rappresentano il più alto rischio di inquinamento.

I tappi Stelvin (o tappo a vite)

Per concludere, citiamo un’ulteriore tipologia di tappo, molto utilizzata all’estero, che si presta bene per tutti quei vini che non devono evolvere in bottiglia, come i bianchi o i rossi giovani.

Il tappo Stelvin, detto anche tappo a vite, mantiene tutte le proprietà organolettiche del vino, come il tappo sintetico evita il celebre “odore di tappo” ed è il più sostenibile in quanto può essere riutilizzato.

Concludiamo con una domanda: quali saranno le prossime sfide da affrontare per un’evoluzione verso soluzioni a elevata sostenibilità e innovazione in grado di integrarsi con le tradizioni secolari della bevanda sociale per eccellenza?

 

FONTI: vinhood, quattrocalici, vinix, xtrawine, winemeridian, intravino